NO.

Le pelli grezze dei bovini, degli ovini, di capre e maiali sono un sottoprodotto dell’industria alimentare, che se non trasformato in pelle finita andrebbe smaltito in discarica.

SI.

La pelle è una materia prima generata in modo rinnovabile; l’allevamento garantisce il rinnovo delle risorse animali in un tempo relativamente breve per garantire la carne richiesta dai consumatori. Il processo di produzione conciario, eseguito con corretti controlli, ha un impatto ambientale minimo. L’intero ciclo di vita della pelle finita ha una bassa impronta di carbonio e di acqua considerando la sua durabilità e le sue qualità nel tempo. A fine vita la pelle si degrada per via chimica e biologica.

SI.

Tutto ciò che mangi, afferri, tocchi o annusi è chimica. In ogni settore industriale, se le sostanze chimiche non vengono maneggiate correttamente, possono essere dannose. I prodotti chimici utilizzati per la concia delle pelli sono complessi. Il sodio, ad esempio, va trattato con molta cura quando si trova sotto forma di idrossido di sodio perchè altamente caustico, diversamente da quando si trova come cloruro di sodio, il comune sale da cucina. Tuttavia, se il comune sale entra nelle nostre falde acquifere in quantità importanti, rende l’acqua non potabile.

L’industria conciaria è una delle attività più antiche e da sempre utilizza prodotti chimici, dal fumo degli incendi, al tannino nei materiali vegetali. La pelle ha una storia antica di uso intelligente dei biomateriali, alcuni dei quali, percepiti come sgradevoli, erano in realtà scientificamente avanzati. L’industria conciaria moderna è particolarmente attenta alle sostanze chimiche utilizzate, per minimizzare l’impatto ambientale. Molti processi sono stati affinati con l’introduzione di nuovi processi biochimici chimici che riducono l’utilizzo complessivo di sostanze chimiche ed eliminando quelle derivate da fonti fossili.

Di primaria importanza nella produzione conciaria, come in tutti i settori, è garantire che tutto il personale sia adeguatamente formato e dotato dei dispositivi e degli indumenti da lavoro adeguati per maneggiare in modo appropriato i prodotti chimici e assicurarsi che tutti i rifiuti, gli scarichi e le emissioni in atmosfera siano gestiti in modo sicuro e nel rispetto della legge.

Le concerie sono tenute a rispettare elevati standard come i requisiti REACH dell’UE per le sostanze chimiche e la maggior parte delle aziende lavora con i propri clienti su elenchi di sostanze oggetto di restrizioni molto più rigorose. Molte aziende conciarie hanno in aggiunta aderito al programma ZDHC (Zero Discharge of Hazardous Chemicals) o hanno stabilito standard simili, ben più restrittivi di qualsiasi legislazione nazionale o regionale.

La pelle realizzata in modo responsabile evita che il consumatore entri in contatto con materiali tossici. La migliore tecnologia disponibile per la produzione della pelle non richiede l’uso di sostanze chimiche tossiche ed è utilizzata in tutte le principali attività conciarie a livello mondiale.

SI.

Il termine “biodegradabile” ha molte definizioni e sfumature. La pelle è conciata in modo da essere resa imputrescibile, quindi non si biodegraderà rapidamente. Uno dei principali vantaggi ambientali della pelle naturale è la durata e la possibilità di essere riutilizzata e rigenerata più volte e per prodotti diversi. Gli articoli in pelle ben progettati, possono essere riparati diverse volte, poiché raramente è la pelle che si consuma. Se tenuti asciutti e puliti, articoli come libri, mobili,  tappezzeria, interni auto e simili possono durare indefinitamente ed è per questo che gran parte della nostra meravigliosa storia che si può trovare nei musei include manufatti in tutto o in parte, in pelle.

Detto questo, la pelle è ricca di carbonio, azoto e ossigeno; tre elementi che batteri e funghi amano mangiare. Il ciclo di biodegradabilità della pelle è tra i 10 e i 50 anni, quindi molto più veloce dei materiali sintetici come Polietilene o PVC che impiegano tra i 100 e i 500 anni con un beneficio tangibile per l’ambiente non contribuendo alla dispersione di microplastiche.

 

SI.

Le lastre in fibra di cuoio sono utilizzate da oltre 70 anni come materiali per calzature e isolamento acustico. I compositi in pelle esistono dall’inizio degli anni 2000 e molta ricerca è stata fatta per produrre una varietà più ampia di materiali con pelli riciclate.

In generale, preferiamo che gli articoli in pelle vengano riparati e rimessi a nuovo o, se la loro vita utile è terminata, che siano riutilizzati in altri articoli in pelle. Oltre alla piccola pelletteria, molti creativi stanno progettando oggetti come rivestimenti per pareti e tappeti realizzati con piccoli pezzi di pelle, donandole una nuova vita per ancora molti anni: per esempio, i rifili e i ritagli di pelle finita possono essere utilizzati per imbottire oggetti come i sacchi da boxe. Sebbene non sia così comune oggi, per molti decenni il tannino è stato rimosso dai ritagli e dalle rasature delle concerie e riciclato, mentre la parte proteica (il collagene) era utilizzata per la gelatina. Questo avviene tuttora per le rasature al cromo e i ritagli di pelle finita, provenienti ad esempio dai calzaturifici. Mentre il cromo viene riutilizzato nell’industria chimica, la parte proteica viene impiegata come fertilizzante. Un altro impiego storico della pelle usata e dei piccoli ritagli è il rigenerato in fibre di cuoio in la pelle viene macinata e le fibre utilizzate per creare una lastra impiegata per molti usi, come solette e contrafforti. Nuovi impieghi per gli scarti vengono continuamente sviluppati e includono, ad esempio, un prodotto di grande successo in cui le fibre sono ricostruite attorno ad uno scheletro di plastica. Anche in questo caso, i materiali ottenuti sono ottimi per determinati usi, ma non avranno la longevità della pelle, non potranno essere riparati e saranno più difficili da smaltire a fine vita.

NO.

Gli standard internazionali, e in molti casi le leggi nazionali, stabiliscono chiaramente che cosa può essere definito pelle e vietano l’uso del termine per materiali non di origine animale. Etichettare come pelle, qualcosa che non ha origine animale, è illegale in molti paesi.

Termini come “pelle vegana”, “pelle sintetica” o “finta pelle” sono terminologie di marketing utilizzate per riferirsi a materiali artificiali o vegetali, che richiamano lo stesso aspetto naturale della pelle, senza però avere la durabilità e la qualità della vera pelle.

 

NO.

L’industria conciaria è globale e le migliori concerie si trovano sia nei paesi sviluppati che in quelli meno sviluppati. I migliori produttori, indipendentemente dalla localizzazione geografica, garantiscono un elevato livello di competenza nei processi e nei relativi impatti e un forte impegno nell’investire in impianti di produzione all’avanguardia, per la tutela dell’ambiente.

Uno dei vantaggi dell’industria conciaria sta nella creazione di valore aggiunto che molti paesi riescono a sfruttare recuperando le pelli grezze derivanti dal proprio patrimonio animale e creando un nuovo mercato.

NO.

La domanda di carne e latticini viene soddisfatta da allevamenti sempre più efficienti che richiedono meno animali piuttosto che una crescita importante nelle mandrie. Laddove i terreni forestali vengono apparentemente sostituiti dagli allevamenti, i soliti driver sono l’avidità e la corruzione, con profitto dal legname, dall’estrazione o dalla coltivazione di colture come la soia. Creare un allevamento è spesso una via rapida per stabilire o rivendicare le proprietà. L’industria della pelle si oppone in modo assoluto alla deforestazione.

In Brasile, ad esempio, una ricerca condotta dall’Università di Edimburgo mostra la necessità di più capi di bestiame nella savana esistente, o nelle praterie a lungo termine, per migliorare i dati futuri sulle emissioni del Brasile. Le praterie brasiliane sono tra le migliori al mondo per quanto riguarda il sequestro di CO2, ma devono essere migliorate e mantenute con livelli adeguati di pascolo. Non è assolutamente necessario distruggere la foresta per il bestiame, anzi.

 

NO.

Dopo l’approfondita valutazione dell’impronta ambientale del prodotto da parte della Commissione Europea per la pelle bovina, l’impronta ambientale derivante dal ciclo di vita dell’animale da allocare alla pelle è stata limitata allo 0,42%.

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